Migranti, quasi impossibile trovare un lavoro regolare

558000 lavoratori stranieri irregolari, ma è veramente possibile al giorno d’oggi per uno straniero extracomunitario trovare lavoro in modo regolare? Se non impossibile, l’impresa è veramente ardua. Come spesso succede in Italia, l’esistenza di leggi da una parte estremamente severe e contorte, dall’altra difficili da far rispettare, porta migliaia di persone a cercare di eludere tali leggi, e spesso a riuscirci, generando situazioni caotiche. In quest’articolo abbiamo spiegato come le grandi difficoltà burocratiche che deve superare chi vuole entrare in Italia alla luce del sole e con mezzi ordinari, inducono migliaia di stranieri ad arrivare in Italia con i famosi barconi, mezzi spesso fatiscenti e pericolosissimi. Per chi ha addirittura la velleità di stabilirsi in Italia e di trovare un lavoro, le cose sono ancora più problematiche, quasi proibitive.

Decreti flussi, meccanismo senza senso

Dal 2006, il governo italiano ha pensato di introdurre gli abbastanza assurdi “decreti flussi”, cioè degli atti amministrativi con i quali il governo decide ogni anno quanti extracomunitari devono entrare per motivi di lavoro. Su La Stampa Fabio De Ponte e Stephanie Fillion sottolineano che in Italia, contrariamente ad esempio al Canada dove un accurato sistema di selezione consente l’ingresso ad un buon numero di lavoratori stranieri, “Di fatto non c’è alcun sistema di accesso. L’unico strumento disponibile è il decreto flussi, che negli ultimi anni è stato via via ridotto nei numeri e che oggi consente l’ingresso praticamente solo agli stagionali. L’unica possibilità che resta a chi vuole venire in Italia a lavorare è tentare le vie del mare e dell’illegalità. Che, oltre a rischi e sofferenze, costa anche molto denaro: la traversata in barcone vale da 700 a 1500 Euro a testa“. L’aspetto grottesco dei decreti flussi è che i lavoratori stranieri devono essere assunti prima del loro arrivo in Italia; ma chiaramente è abbastanza raro che un datore di lavoro accetti di assumere una persona che non ha mai visto dal vivo e che abita a migliaia di chilometri di distanza. Sergio Bontempelli, sul sito Associazione Diritti e Frontiere – ADIF, sottolinea l’incongruenza e l’inefficienza del meccanismo: “Questo sistema, di fatto, non ha mai funzionato, e non c’è da stupirsene. L’idea di una assunzione a distanza è abbastanza improbabile …. e il meccanismo delle quote massime ha prodotto una confusa rincorsa ad “arrivare primi”. Di fatto, quasi nessuno ha utilizzato il decreto flussi per assumere davvero lavoratori dall’estero. Solitamente i migranti sono arrivati in Italia in altri modi – con ingressi irregolari o con visti turistici –, hanno trovato un datore di lavoro e sono stati assunti al nero: poi, per regolarizzare la loro posizione, hanno utilizzato il decreto flussi, fingendo di trovarsi ancora ai paesi di origine, e facendosi “chiamare” dai datori di lavoro. “. A volte questi stranieri tornavano appositamente al loro paese per poi fare finta di entrare per la prima volta in Italia. Si trattava di una legge fatta e applicata molto male, ma che almeno è servita a far emergere il lavoro di tante oneste persone presenti sul territorio italiano.

Ingresso per lavoro consentito a pochi prescelti

Dal 2011 in poi, non è stato più possibile neanche questo, perché il decreto flussi non ha più previsto quote per badanti e operai, ma solo per imprenditori che investono quantità notevoli di denaro, per liberi professionisti, per “artisti di chiara fama” e per alcune categorie di lavoratori stagionali. L’ultimo decreto flussi del 17 gennaio 2018, prevede l’ingresso solamente di 30.850 lavoratori non comunitari, una quantità minima rispetto a tutti quelli che avrebbero l’aspirazione di entrare. Peraltro la maggior parte di queste quote è riservata ad un ristretto insieme di paesi con cui vigono specifici accordi: per i cittadini di altri paesi vi sono pochissimi posti, e le possibilità di essere chiamati è ridotta al lumicino. E a tutt’oggi, per un extracomunitario questo decreto flussi così restrittivo costituisce l’unica possibilità di trovare un lavoro regolare in Italia; ciò non è nemmeno possibile a chi soggiorna per un periodo nel nostro paese con un visto turistico.

Un’enorme massa di irregolari

Ma allora come hanno fatto ad entrare e rimanere in Italia tutti quegli extracomunitari che si vedono lavorare nei cantieri, nei campi, nelle case, nelle strutture turistiche e che provocano tanto risentimento in una buona fetta della popolazione italiana? Una parte è stata regolarizzata con i decreti flussi menzionati sopra, e un’altra consistente parte, che nel 2015 la fondazione Leone Moressa ha quantificato in 558000, lavora in modo irregolare, senza contratti nê garanzie e senza neanche, chiaramente, l’autorizzazione a stare sul territorio italiano. Quest’ultima è già difficile da ottenere per chi lavora in modo regolare, che per ottenere il permesso di soggiorno deve risiedere in Italia da almeno cinque anni, dimostrare la conoscenza della lingua italiana attraverso un test, e avere un certo reddito.

Sfruttamento e delinquenza

E’ del tutto ovvio che la posizione irregolare di queste persone spesso porta le stesse ad accettare situazioni lavorative estremamente precarie, non solo per quanto riguarda la paga, ma anche per quanto riguarda le condizioni di lavoro; e così si vedono braccianti costretti a raccogliere pomodori quindici ore sotto il sole, operai arrampicati sui palazzi per mezzo di impalcature improbabili, badanti costrette ad assistere anziani in modo praticamente continuativo, senza nessuna pausa. Per non parlare delle ragazze indotte a prostituirsi oppure a girare materiale pornografico, oppure del discreto numero di persone che finisce a delinquere, nell’articolo precedente abbiamo parlato di un 4,8% di stranieri segnalati per denunce oppure arresti.

Ottime competenze respinte, o non valorizzate

Le considerazioni che si possono fare per l’intero complesso dei cittadini extracomunitari presenti in Italia, si possono sostanzialmente restringere a quella parte di essi che svolgono attività lavorative. Da una parte le mille difficoltà burocratiche che si frappongono a chi vuole trovare un lavoro regolare, dall’altra la tolleranza verso le situazioni di irregolarità e di sfruttamento, produce una qualità della popolazione lavorativa straniera mediamente bassa, che lavora in condizioni mediamente precarie. Tante persone con competenze che potrebbero risultare molto utili alla nostra comunità e alle nostre imprese, rimangono nei loro paesi, oppure stanno in Italia a svolgere lavori molto più umili rispetto alla loro formazione, spesso non in regola, spesso malpagati. C’è da considerare che a volte da questi paesi possono provenire competenze che in Italia sono difficili da trovare, come quelle dei laureati provenienti da paesi industrialmente molto avanzati come l’ India e il Giappone, oppure quelle degli africani provenienti da paesi dove l’inglese è lingua ufficiale, mentre nella maggioranza delle scuole italiane non ha ancora lo spazio dovuto. Commenta Micaela Cappellini sul Sole 24 Ore: “L’ultimo, molto ben documentato, rapporto dell’Ocse sui fenomeni migratori nel mondo, l’International Migration Outlook 2017, mette nero su bianco il paradosso dell’Italia: fra tutti i Paesi europei – anzi, per la verità, fra tutti i Paesi Ocse, Stati Uniti compresi – siamo quello con la differenza più marcata tra immigrati sovraqualificati e italiani sovraqualificati. Che cosa significa? Significa che da noi si contano troppi stranieri che fanno un lavoro modesto, assolutamente al di sotto di quello cui potrebbero aspirare con il titolo di studio raggiunto nel loro Paese d’origine. Insomma, in Italia ci sono troppe baby-sitter che potrebbero fare le professoresse di matematica

Semplificare la vita a chi aspira ad un lavoro regolare

Occorre da una parte combattere lo sfruttamento, dall’altra parte rendere la vita molto più facile a chiunque arrivi in Italia e voglia lavorare in modo regolare ed onesto. Non solo aumentare le quote dei decreti flussi, ma anche permettere il contatto con il mondo del lavoro a chi entra temporaneamente con un visto. Magari creare un apposito visto per chi deve sostenere un periodo di prova presso una determinata impresa. Rendere più facili le cose per chi è in possesso di competenze che in Italia scarseggiano. Rendere più facile l’acquisizione del permesso di soggiorno, e quindi di attività lavorative a carattere stabile. Il flusso migratorio verso l’ Italia è praticamente inarrestabile: l’ unica cosa che possiamo fare è controllarlo meglio, acquisire maggiori informazioni su di esso, e migliorarne la qualità, rimpiazzandone per quanto possibile la parte peggiore, con elementi che invece possono dare un contributo positivo alla nostra comunità e alla nostra economia. Anche per rendere il fenomeno dell’immigrazione più accettabile ai cittadini italiani, per disinnescare l’odio e il pregiudizio e per favorire l’integrazione.

 

Giulio Simeone