Stephen Hawking, vita e personalità
All’età di 21 anni, a Stephen Hawking, allora un giovane studente di scienze naturali all’ Università di Oxford, era stata diagnosticata la SLA, ed era stato detto che aveva un’aspettativa di vita di soli tre anni. Hawking, invece, ha clamorosamente smentito questa previsione: nonostante la malattia lo abbia presto ridotto in sedia a rotelle e portato molte volte in condizioni estremamente critiche, è sopravvissuto ben 55 anni, fino al 14 marzo scorso. Ma Hawking ha fatto molto altro: grazie ad una lunga serie brillanti ricerche e pubblicazioni, redatte utilizzando da un certo punto in poi quei pochi muscoli che poteva ancora muovere, è diventato uno dei più grandi fisici teorici del mondo.
Evidentemente, la paura di dover lasciare presto questo mondo non lo ha gettato nella disperazione, ma lo ha stimolato a sfruttare al massimo il poco tempo che, fin da quand’era molto giovane, temeva che gli sarebbe restato, e a raggiungere vette sensazionali.
Due mogli e tre figli
Hawking è noto soprattutto per i suoi studi sui buchi neri, sulla cosmologia quantistica, e sull’origine dell’universo. Ha insegnato Matematica all’ Università di Cambridge, ed è stato direttore del dipartimento di Matematica Applicata e Fisica Teorica della stessa Università. Nel 2009 ha ricevuto dal presidente Barack Obama la Medaglia presidenziale della libertà, la più alta onorificenza degli Stati Uniti d’ America. Sicuramente, a dare ad Hawking la forza di andare avanti per cosi tanti anni è stata anche una vita sentimentale e affettiva molto ricca, sia pure non priva di problemi, separazioni, e vicende poco chiare. Hawking ebbe due diverse mogli. Quando già i medici gli avevano diagnosticato la malattia, si uni in matrimonio con Jane Wilde, che non solo per molti anni gli stette vicino e gli diede il necessario sostegno, ma gli diede anche tre figli, Robert (1967), Lucy (1970) e Tim (1979)
Secondo matrimonio: Hawking maltrattato dalla moglie?
Con l’aggravamento della condizione di Hawking, però la moglie cominciò a non essere più in grado di accudirlo da sola e nella loro vita familiare dovettero entrare vari assistenti e infermiere. Ciò deteriorò dolorosamente il loro rapporto e alla fine ciascuno dei due intrecciô altre relazioni: Jane con un suonatore d’organo conosciuto in chiesa, e Stephen con una delle infermiere che lo assistivano, Eliane Mason. Nel settembre del 1995 Hawking sposò tale infermiera. Poco dopo Hawking cominciò ad essere vittima di numerosi infortuni, un braccio e una gamba rotti, il labbro spaccato, graffi sul viso. Molti ipotizzarono che fosse la moglie a picchiarlo, ipotizzarono addirittura che questa soffrisse dell’inquietante sindrome di Münchausen per procura, che porta chi ne è affetto ad infliggere dolore alla persona amata, per poi curarla, e ricevere l’apprezzamento dalle persone esterne alla vicenda. Ci sono varie testimonianze che fanno credere che questi maltrattamenti furono effettivamente avvenuti: fu aperta un’indagine della Polizia, in occasione della quale Hawking smentí categoricamente tali maltrattamenti, affermando che lui e sua moglie si amavano moltissimo. Crediamo e speriamo che Hawking in quest’occasione abbia detto la verità: diversamente ci sarebbe da riflettere su un fenomeno di forte dipendenza psicologica dello scienziato dalla moglie, vincolante a tal punto da sopportare ripetuti e vigliacchi maltrattamenti fisici. In ogni caso, nel 2006 anche questo matrimonio si concluse con un divorzio, e Hawking si riavvicinò a Jane, ai suoi tre figli, e ai nipoti che nel frattempo erano nati.
“C’è sempre una via d’uscita”
I suoi testi, oltre ad avere un grande valore scientifico, sono scritti con grandissima chiarezza: probabilmente Hawking ha acquisito questa grande capacità di esposizione nei primi tempi della sua malattia, quando parlava con difficoltà e non usava nessun sintetizzatore vocale; allora doveva essere necessariamente sintetico e essenziale. Più volte ha preso parte ad importanti eventi legati al mondo della disabilità, come le Paralimpiadi di Londra del 2012, e ha sempre incitato i suoi compagni disabili a non lasciarsi andare e a supplire ai loro deficit motori con la potenza dell’intelletto. Essendo arrivato, tramite anni di studi molto approfonditi, alla conclusione che la materia può uscire dai buchi neri dello spazio, si è sentito di estenderla anche alla vita umana: “Se vi sentite intrappolati in un buco nero non mollate: c’è sempre una via d’uscita“. Ed è indubbiamente questa convinzione che lo ha portato a lottare efficacemente contro la sua grave malattia, a sopravvivere così tanti anni e ad ottenere risultati così ragguardevoli.
Giulio Simeone
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